from our “Wilde 13” section
Abstract: In recent years, museums and heritage sites have proposed and implemented game experiences in their collections, websites or mobile apps. Nevertheless, this gamification has often amounted to little more than a coat of fresh paint applied to renew canonical public engagement practices. In contrast, a game is an experiential narrative, a coherent world in which the player immerses himself and exercises his action. A series of case studies can help to understand different ways of enhancing cultural heritage through this medium.
DOI: dx.doi.org/10.1515/phw-2023-21327
Languages: Italian, English
Negli ultimi anni diversi musei e siti archeologici hanno iniziato a implementare esperienze di tipo ludico sia negli spazi dedicati alla visita, sia nelle app o nei siti web, essenziali per garantire la fruizione museale soprattutto durante la pandemia di Covid, ma ormai consolidate come strumenti. E tuttavia spesso questa ludicizzazione si limita a una patina di vernice fresca per rinnovare pratiche di coinvolgimento di tipo canonico.
Una notte al museo
Il gioco è invece narrativa esperienziale, un mondo coerente in cui agire. Alcuni esempi di come valorizzare in questo modo il patrimonio culturale materiale (non solo museale e archeologico, ma anche archivistico) e immateriale arrivano proprio dal contesto italiano.
Una precisazione metodologica: per la sua brevità, in questa analisi non c’è distinzione tra serious games (o edugames) e altri giochi, perché lo scopo è quello di evidenziare alcune delle caratteristiche chiave della fruizione dei giochi legati al patrimonio culturale.
Nel 15° capitolo del fortunato (e celebrato) videogioco post apocalittico The Last of Us 2, i due protagonisti fanno visita a un vecchio museo. Attraversano la sezione preistorica, tra fossili e dinosauri, e arrivano alla sezione sulla corsa allo spazio, dove provano l’emozione del decollo dello shuttle.
Perché citare questo episodio? Perché l’inclusione di una visita in un museo in una delle fasi più importanti ed emozionanti di uno dei giochi più venduti degli ultimi anni è probabilmente una delle più grandi dimostrazioni del legame che unisce cultura e gioco al giorno d’oggi.
Gioco e musei
Malgrado sia relativamente giovane, negli ultimi anni l’industria ludica (e videoludica in particolare) è diventata un punto di riferimento nell’ambito dell’intrattenimento, tanto da aver superato – almeno economicamente – sia quella del cinema che quella dell’editoria.
Non sorprende quindi che gli operatori culturali stiano valutando e considerando questo medium con interesse crescente e nemmeno che stiano cercando di usarlo (soprattutto nelle versioni digitali) nell’offerta di musei e siti archeologici. Il gioco è infatti uno strumento potentissimo per promuovere, valorizzare e raccontare il patrimonio storico, culturale e artistico. E tuttavia i possibili usi del gioco nell’ambito del patrimonio culturale non sono limitati soltanto a musei e siti archeologici, ma riguardano anche archivi, istituzioni culturali e tutto ciò che può essere considerato il nostro heritage, materiale o immateriale che sia, come evidenzieremo con alcuni casi studio nelle righe seguenti.
Va comunque sottolineato che le prime applicazioni dei giochi nel campo del cultural heritage appartengono in effetti ai musei, sui cui siti web – agli inizi degli anni 2000 – iniziano a comparire strumenti didattici basati su Adobe Flash, che non sono altro che i prototipi dei videogiochi più moderni. Il Tate Museum di Londra e il MET di New York sono stati pionieri in questo campo, ma è con Time Explorer (2010) del British Museum che si registra un consistente passo avanti. In questo caso, lo scopo principale del gioco non è semplicemente conoscere meglio le opere del museo, ma salvarle dalla distruzione. L’esperienza ludica è quindi arricchita da una forte motivazione che porta a un alto coinvolgimento del giocatore. Un coinvolgimento che, per altro, è per lo più svincolato dall’apprendere qualcosa sulla collezione del museo. L’intento educativo risulta perciò più sfumato.
Un caso studio di grande interesse nel panorama italiano è Father and Son (2017),[1] sviluppato da TuoMuseo per il Museo archeologico nazionale di Napoli. Il gioco utilizza la collezione del museo come stratagemma per avviare la narrazione e rendere evidente la connessione tra passato e presente.
Ad ogni modo, l’idea generale che accomuna questi esempi è quella di far conoscere meglio le collezioni e gli oggetti in modo interattivo (e più accattivante), nella maggior parte dei casi anche senza essere all’interno del museo stesso.
Pulsione collezionistica
Ciò può essere realizzato anche attraverso meccaniche di gioco basate proprio sul collezionismo.Prisme7 (2020),[2] sviluppato dal Centre Pompidou di Parigi, richiede al giocatore di raccogliere le opere del Centro stesso. Nello stesso anno Melazeta e Comune di Bologna pubblicano WunderBo,[3] che sviluppa analoghe meccaniche in riferimenti al patrimonio del Museo Civico medievale e del Museo di Palazzo Poggi.
Curiosamente, questa pulsione collezionistica si ritrova anche in uno dei videogiochi più popolari e mainstream, ovvero il secondo capitolo della saga di Assassin’s Creed, dove il protagonista ha la possibilità di raccogliere diversi quadri rinascimentali e apprenderli nelle stanze della sua villa.
Esplorare il territorio, conoscerne la storia
Parlare di Assassin’s Creed significa introdurre un aspetto fondamentale del rapporto tra giochi e patrimonio culturale. Il gioco è infatti un mezzo molto potente per interagire con il passato ben oltre gli oggetti, esplorando i luoghi e il territorio per apprendere e studiare i modi (e le ragioni) in cui (e per cui) essi sono cambiati, o per rivivere un evento o un’epoca giungendo a una conoscenza più profonda della vita delle persone (famose e non) di un certo periodo storico, dei loro usi e dei loro costumi.
Nonostante i suoi numerosi difetti e una ricostruzione ambientale tutt’altro che perfetta, la saga di Assassin’s Creed ha un grande pregio: permette ai giocatori di esplorare i luoghi in modo non convenzionale, facendoli ad esempio arrampicare fin sulla cima di un monumento famoso, come il Campanile di Giotto in Firenze. I giochi aggiungono così una nuova prospettiva alla navigazione attraverso lo spazio e il passato. E lo fanno spesso utilizzando una narrazione non strettamente legata alla storia stessa.
Un notevole caso di studio risale al 1996, quando Cryo Interactive e Canal + Multimedia, in collaborazione con la Réunion des Musées Nationaux, pubblicano Versailles 1685: Complot à la cour du Roi Soleil (2006),[4] in cui i giocatori possono esplorare il palazzo durante regno di Luigi XIV, mentre cercano di scoprire l’autore di un misterioso omicidio. Esplorare lo spazio nel passato è utile anche per fare un confronto con il presente, come in Great Fire 1666 (2016).[5] Commissionato dal Museum of London, il gioco ricostruisce la città prima del grande incendio che ne ha cambiato per sempre il volto.
A Painter’s Tale: Curon, 1950 (2021),[6] pubblicato da Monkeys Tales Studio in collaborazione con l’Italian Videogame Program (IVIPRO), racconta la storia del villaggio altoatesino di Curon, sommerso dalle acque per permettere la costruzione di una diga e reso iconico oggi dal suo campanile, che è l’unica porzione rimasta sopra la superficie del lago artificiale. Partendo da una premessa fantastica (un viaggio a ritroso nel tempo), il giocatore vive in prima persona il dramma della popolazione locale, costretta a lasciare la propria casa in nome del progresso industriale.
In questi casi, i giochi assumono quasi le caratteristiche delle attività di “living history” che si effettuano generalmente in loco.
Archivi, documenti e risorse storiche
Tuttavia, come affermano gli storici, il miglior modo per imparare qualcosa sul passato è attraverso i documenti. E anche i documenti (e gli archivi che li conservano) fanno ovviamente parte del patrimonio culturale.Nel gioco horror/thiller The Town of Light (2016),[7] ad esempio, gli sviluppatori (LKA) hanno utilizzato come spunto narrativo il diario originale di una paziente rinchiusa nell’ospedale psichiatrico di Volterra (dove l’avventura è ambientata).
Dal punto di vista dei documenti, non si può non citare MiRasna (2022) di EGA. Questo gioco di strategia si svolge nell’antica area delle città etrusche, in Italia. Le fonti storiche e i reperti museali sono utilizzati in due modi: come materiale archivistico disponibile per approfondire la conoscenza e come elementi attivi della meccanica di gioco. Questo secondo aspetto è particolarmente importante perché dimostra come i documenti possano essere materia “viva”, estremamente funzionale alla narrazione ludica e non solo appendice, accompagnamento o intermezzo come in molti famosi videogiochi di guerra.
Il gioco urbano Milano45 (2019)[8] condivide l’approccio MiRasna. Sebbene si tratti di un gioco analogico, i game designer (Associazione PopHistory e Istituto nazionale Ferruccio Parri) hanno utilizzato i documenti del movimento di liberazione italiano durante la Seconda guerra mondiale come mezzo per determinare i punti di svolta durante la trama e anche come strumento giocabile: nel gioco, decifrare un messaggio è possibile solo utilizzando un codice di decrittazione partigiano originale.
I giochi urbani e pervasivi (in cui sono inclusi anche i LARP) sono inoltre strumenti molto potenti dal punto di vista di cui si è accennato in precedenza: l’esplorazione del territorio. In questa particolare fattispecie di giochi l’azione è eseguita direttamente e sempre direttamente è possibile esaminare le permanenze del passato e comprendere le stratificazioni del tempo, in un confronto con il presente.
Giochi da tavolo
Ad eccezione di Milano45, ogni prodotto ludico citato finora è un videogioco e per un motivo ben preciso: l’industria dei videogiochi è indubbiamente più ricca di quella dei giochi analogici e oggi c’è una naturale propensione a ricercare esperienze digitali, soprattutto dopo l’emergenza pandemica che ha trattenuto le persone in casa.
Tuttavia, i giochi da tavolo sono spesso utilizzati anche dagli operatori dei beni culturali per coinvolgere il pubblico o dalle comunità locali per raccontare la propria storia. Un paio di esempi: Senio 1945 (2007), gioco di ruolo realizzato con la collaborazione del Museo della Battaglia del Senio di Alfonsine, e Repubblica ribelle (2019), gioco di guerra realizzato dal Museo della Repubblica di Montefiorino, sono nati entrambi per raccontare eventi molto locali del periodo della Seconda guerra mondiale in Italia. A Parma poi, in occasione del centenario delle barricate contro i fascisti nel 1922, alcuni game designer del luogo hanno realizzato insieme ad alcuni soggetti pubblici ben due giochi: Una vittoria impossibile e Le barricate: Parma 1922.
Uno strumento utile
Tutti questi esempi evidenziano e dimostrano come i giochi (e i videogiochi in particolare) siano già un utile strumento per valorizzare e raccontare il patrimonio culturale. Catturano l’interesse di una fetta di pubblico molto vasto, che va dai primi videogiocatori degli anni ’70 (oggi cinquantenni) ai giovanissimi.
Molte esperienze digitali possono inoltre essere fruite anche lontano dai musei o dai siti storici/archeologici o a chilometri di distanza dal luogo in cui è avvenuto un evento storico. I giochi abbattono le barriere spaziali, dilatando il tempo di visita di un luogo. Essi però devono differenziarsi dalle comuni visite guidate virtuali, dove le informazioni vengono ricevute in modo passivo.
Nei giochi il pubblico diventa parte attiva, crea il proprio percorso conoscitivo e la propria fetta di conoscenza storica, oppure vive nel dettaglio la vita e gli eventi del passato attraverso una narrazione storica coerente. Non va dimenticato infatti che il linguaggio ludico è più accessibile e coinvolgente proprio in virtù del suo tratto distintivo, rispetto ad altre forme di narrazione, che è l’interattività.
Ci sono tuttavia anche rischi che comportano precauzioni. I giochi non devono essere esaustivi: i giocatori dovrebbero ricevere da essi l’impulso a visitare il sito del patrimonio, l’archivio o il museo, dove possono scoprire di più. Sulle tracce di Carlo Levi. Il sogno di una memoria dipinta (2021), ad esempio, alla fine invita il giocatore a visitare il museo per accedere a un capitolo aggiuntivo del gioco.
Inoltre, è importante che il processo di ludicizzazione non si traduca semplicemente in un modo più trendy di raccontare la storia e che non sia usato come una patina di vernice fresca per rinnovare pratiche canoniche di coinvolgimento dei pubblici. I giochi sono un mondo in cui i giocatori fanno esperienza attraverso l’azione; l’apprendimento è una parte del processo, ma dovrebbe essere implicito nella narrazione ludica, non esplicito né dichiarato in anticipo. Mantenere i giocatori nel flusso del gioco è la cosa più importante per un’esperienza ludica efficace, anche quando essa è finalizzata a trasferire conoscenze sul passato.
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Per approfondire
- Caselli, Stefano. La storia in gioco. Prospettive e limiti del racconto storico in forma ludica. Milano: Biblion, 2021.
- Mariotti, Samanta. “The Use of Serious Games as an Educational and Dissemination Tool for Archaeological Heritage. Potential and Challenges for the Future.” magazén 2, no. 1 (2021): 119-138.
- Mochocki, Michal. “Heritage Sites and Video Games: Questions of Authenticity and Immersion.” Games and Culture 16, no. 3 (March 2021). doi:10.1177/15554120211005369.
Siti web
- Italian Videograme Program: https://ivipro.it/it/home/ (last accessed 24 April 2023).
- In the Footsteps of Carlo Levi (Game): https://www.fondazioneluigigaeta.it/_museocarlolevi/giochi/Sulle_Tracce_di_Carlo_Levi/ (last accessed 24 April 2023).
- Milano45: https://www.reteparri.it/public-history/milano45-urban-game-storico/ (last accessed 24 April 2023).
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[1] http://www.fatherandsongame.com/ (last accessed 24 April 2023).
[2] https://prisme7.io/ (last accessed 24 April 2023).
[3] https://www.wunderbo.it/ (last accessed 24 April 2023).
[4] https://www.abandonware-france.org/ltf_abandon/ltf_jeu.php?id=1948 (last accessed 24 April 2023).
[5] https://www.fireoflondon.org.uk/game/ (last accessed 24 April 2023).
[6] https://store.steampowered.com/app/1283370/A_Painters_Tale_Curon_1950/ (last accessed 24 April 2023).
[7] https://store.steampowered.com/app/433100/The_Town_of_Light/?l=german (last accessed 24 April 2023).
[8] http://www.pophistory.it/new/popevents/milano45/ (last accessed 24 April 2023).
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Image Credits
Art of Video Games © 2012 Ryan Quick CC BY-2.0 via flickr.
Recommended Citation
Pizzirusso, Igor: Giochi e patrimonio culturale. In: Public History Weekly 11 (2023) 3, DOI: dx.doi.org/10.1515/phw-2023-21327.
Editorial Responsibility
In recent years, museums and heritage sites have started to propose and implement game experiences in both their collections and exhibitions, and in their websites or mobile apps. This proved essential for expanding the museum experience and allowing them to stay “open” after closing time, which was particularly important during the Covid pandemic. Nevertheless, this gamification has often been superficial – confined to a coat of fresh paint applied to renew canonical public engagement practices.
A Night at the Museum
A game is an experiential narrative, a coherent world in which the player immerses himself and exercises agency. In this field, Italy provides some useful examples of the enhancement of cultural heritage, both material (not only in museums and archaeological sites, but also in archives) and immaterial, through videogames or “analogue” games.
A methodological disclaimer. Due to its brevity, in this analysis there is no distinction between serious games (or edugames) and other games, because our purpose here is to highlight some of the key features of using games related to cultural heritage.
In the 15th chapter of the successful (and celebrated) post-apocalyptic video game The Last of Us 2, the two main characters pay a visit to an old museum. They pass through the prehistoric section, between fossils and dinosaurs, and get to the space race section, where they experience the thrill of the shuttle take-off.
Why mention this example? Because the fact that a popular video game includes a visit to a museum in one of the most important and emotional parts of the narrative, is probably one of the most relevant demonstrations of the bond linking culture and gaming nowadays.
Gaming and Museums
In recent years, the gaming (and video gaming in particular) industry has become a benchmark in the entertainment sphere. Despite being relatively young compared to cinema and publishing, it has now surpassed them, at least economically speaking.
It’s not surprising then, that cultural heritage operators are evaluating and considering this medium with an increasing interest. They are also trying to use it (especially the digital versions) in their offers in museums and on archeological sites. Gaming is a very powerful tool to promote, enhance and narrate historical, cultural and artistic heritage. And yet, these heritage borders are not limited just to museums and archeological sites. They expand to archives, cultural institutions and everything that can be considered our heritage, material or immaterial, as we are going to highlight with some case studies in the following lines.
It’s true, however, that the first applications of gaming in the field of cultural heritage belonged to museums, when educational tools based on Adobe Flash, prototypes of more modern video games, began to appear on their websites in the early 2000s. The Tate Gallery in London and the MET in New York were the pioneers in this field, but with the British Museum’s Time Explorer (2010) a step forward was made. The key aim of the game is not merely knowing more about the exhibits but saving them from destruction. Ludic experience is enriched by a strong motivation that leads to a high engagement, independent from learning something about the museum collection. The educational intent is here more nuanced.
A case study of great importance in the Italian scene is Father and Son (2017),[1] developed by TuoMuseo for the Museo archeologico nazionale di Napoli (National Archaeological Museum of Naples). The game uses the museum’s collection as a device to initiate the narrative and make evident the connection between the past and the present.
The general idea that these games share is to raise awareness of the collections and objects in an interactive (and more attractive) way, in most cases even without having to be inside the museum itself.
Collecting Drive
This can also be achieved by a game mechanics based on… collecting! Prisme7 (2020),[2] developed by Centre Pompidou of Paris, requires the player to gather the exhibits in the Centre itself. In the same year Melazeta and Comune di Bologna released WunderBo,[3] which develops similar mechanics in reference to the heritage of the Museo Civico medievale and the Palazzo Poggi Museum.
Interestingly, this collecting drive can also be found in one of the most popular and mainstream video games, namely the second chapter of the Assassin’s Creed saga, where the protagonist has the opportunity to collect several Renaissance paintings and hang them in his villa.
Exploring Territory, Knowing its History
Talking about Assassin’s Creed means introducing a fundamental aspect of the relationship between games and cultural heritage. Gaming is indeed a very powerful way to interact with the past, far beyond objects, through exploring places and territory, learning more about the ways (and the reasons) they have changed, experiencing an event, or an era, gaining a better understanting of the lives of people (famous or not) of a certain period, their habits and their costumes.
Despite its many flaws and a far-from-perfect environmental reconstruction, the Assassin’s Creed saga has a great merit: it allows players to explore places in a very unconventional way, climbing for instance to the top of a famous monument, such as the Campanile di Giotto in Florence. Games thus add a new perspective to navigating through space and the past. And they do so often by using a narrative not strictly related to history itself.
A notable case study dates to 1996, when Cryo Interactive and Canal + Multimedia, in collaboration with the Réunion des Musées Nationaux, publish Versailles 1685: Complot à la cour du Roi Soleil (2006),[4] in which players can explore the French palace during the reign of Louis XIV, as they try to uncover the perpetrator of a mysterious murder. Exploring space in the past is also useful to make comparison with the present day, as in Great Fire 1666 (2016)[5]. Commissioned by the Museum of London, the game reconstructs the city before the great fire that changed its face forever.
A Painter’s Tale: Curon, 1950 (2021),[6] released by Monkeys Tales Studio in collaboration with the Italian Videogame Program (IVIPRO), tells the story of Curon, a South Tyrolean town submerged in the 50s to build a dam, made iconic by its bell tower which is the only part visible above the water surface today. Starting from a fantastic premise (time travel), the player experiences first hand the drama of the local population, forced to leave their homes in the name of industrial progress.
In these cases, games can be compared to “living history” activities, which are usually carried out on site.
Archives, Documents, Resources
However, as historians claim, the best way to learn something about the past is through documents. And documents (and archives that conserves them) are obviously also a part of cultural heritage. In the horror/thriller game The Town of Light (2016),[7] for instance, developers (LKA) used an original diary of a female patient locked up in the psychiatric hospital of Volterra (where the adventure is set) as a narrative cue.
Concerning documents, MiRasna (2022) by EGA is also an interesting case study. This strategy game takes place in the ancient area of Etruscan cities, in Italy. Historical sources and museum exhibits are used in two ways: as archival material available to deepen the knowledge and as active elements of the game mechanics. This second aspect is particularly important: it demonstrates how documents can be “living” matter, extremely functional to the ludo-narrative and not just an appendix, accompaniment or intermezzo as in many famous war videogames.
The urban game Milano45 (2019)[8] shares the approach of MiRasna. Although it is an analogue game, the designers (PopHistory association and Istituto nazionale Ferruccio Parri) used documents of the Italian liberation movement during the Second World War as a means to determine turning points during the plot and also as a playable feature: in the game, deciphering a message is only possible by using an original partisan decryption code.
Furthermore, urban and pervasive games (in which LARPs are also included) are in general very powerful tools from the previously mentioned perspective: the exploration of the territory. In this type of games, players can do this directly, examining permanence of the past but also understanding stratifications of time, in a continuous travel from past to present and vice versa.
Board Games
Except for Milano45, every game mentioned so far is a video game. Video game industry is undoubtedly richer than analogue game industry and today there is a natural propensity to seek out digital experiences, especially after the pandemic emergency that has kept people at home.
Nevertheless, board games are also often used by cultural heritage sites to engage their audiences or by local communities to tell their story. A couple of examples. Senio 1945 (2007), an RPG game created with the collaboration of Museo della Battaglia del Senio di Alfonsine, and Repubblica ribelle (2019), a war game created by Museo della Repubblica di Montefiorino, were both created to narrate and enhance some local events of the WW2 in Italy. In Parma, on the centenary of barricades against fascists in 1922, local game designers, together with some public subjects, have released two games: Una vittoria impossibile and Le barricate: Parma 1922.
A Useful Tool
All those examples highlight and demonstrate that games (and video games in particular) are already a useful tool to enhance and narrate cultural heritage. They can capture the interest of a wide audience, ranging from the early gamers of the 70s (now in their fifties) to the youngsters.
Furthermore, several digital experiences can also be accessed outside a museum or a heritage site or miles away from the place where a historical event happened. Games break down spatial barriers, expanding the time to visit a place. However, they are different from common virtual guided tours, where information is received passively.
In games the audience becomes an active part, creating its own cognitive path and its own slice of historical knowledge, experiencing in detail the life and events of the past through a coherent historical narrative. It should not be forgotten that ludic language is more accessible and engaging than other forms of storytelling exactly because of its interactivity.
Nevertheless, there are also risks that call for precautions. Games should not be exhaustive: players should receive the impulse to visit the heritage site, the archive or the museum, where they can discover more. Sulle tracce di Carlo Levi. Il sogno di una memoria dipinta (2021) for instance, at the end invites players to visit the museum where they can play an extra chapter.
Furthermore, the gamification process should not simply become a trendier way of telling the story, as a coat of fresh paint to renew canonical public engagement practices. Games are a world in which players create experience through action; learning is a part of the process, but it should be implicit in the ludonarrative, not explicit nor declared in advance. Keeping the players in the flow of the game is the most important thing for an effective ludic experience, even when it aims at transferring knowledge about the past.
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Further Reading
- Caselli, Stefano. La storia in gioco. Prospettive e limiti del racconto storico in forma ludica. Milano: Biblion, 2021.
- Mariotti, Samanta. “The Use of Serious Games as an Educational and Dissemination Tool for Archaeological Heritage. Potential and Challenges for the Future.” magazén 2, no. 1 (2021): 119-138.
- Mochocki, Michal. “Heritage Sites and Video Games: Questions of Authenticity and Immersion.” Games and Culture 16, no. 3 (March 2021). doi:10.1177/15554120211005369.
Web Resources
- Italian Videograme Program: https://ivipro.it/it/home/ (last accessed 24 April 2023).
- In the Footsteps of Carlo Levi (Game): https://www.fondazioneluigigaeta.it/_museocarlolevi/giochi/Sulle_Tracce_di_Carlo_Levi/ (last accessed 24 April 2023).
- Milano45: https://www.reteparri.it/public-history/milano45-urban-game-storico/ (last accessed 24 April 2023).
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[1] http://www.fatherandsongame.com/ (last accessed 24 April 2023).
[2] https://prisme7.io/ (last accessed 24 April 2023).
[3] https://www.wunderbo.it/ (last accessed 24 April 2023).
[4] https://www.abandonware-france.org/ltf_abandon/ltf_jeu.php?id=1948 (last accessed 24 April 2023).
[5] https://www.fireoflondon.org.uk/game/ (last accessed 24 April 2023).
[6] https://store.steampowered.com/app/1283370/A_Painters_Tale_Curon_1950/ (last accessed 24 April 2023).
[7] https://store.steampowered.com/app/433100/The_Town_of_Light/?l=german (last accessed 24 April 2023).
[8] http://www.pophistory.it/new/popevents/milano45/ (last accessed 24 April 2023).
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Image Credits
Art of Video Games © 2012 Ryan Quick CC BY-2.0 via flickr.
Recommended Citation
Pizzirusso, Igor: Games and Cultural heritage. In: Public History Weekly 11 (2023) 3, DOI: dx.doi.org/10.1515/phw-2023-21327.
Editorial Responsibility
Copyright © 2023 by De Gruyter Oldenbourg and the author, all rights reserved. This work may be copied and redistributed for non-commercial, educational purposes, if permission is granted by the author and usage right holders. For permission please contact the editor-in-chief (see here). All articles are reliably referenced via a DOI, which includes all comments that are considered an integral part of the publication.
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Categories: 11 (2023) 3
DOI: dx.doi.org/10.1515/phw-2023-21327
Tags: Cultural Heritage (Kulturerbe), Digital Change (Digitaler Wandel), Games (Spiele), Italy (Italien), Language: Italian, Museum
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OPEN PEER REVIEW
A Playful Landscape
The author accompanies us on a journey within an articulated but selected playful landscape. Reading is suitable for everyone and even those who are not regular users of these products will find the analysis pressing and full of food for thought. The goal is not promotional. Already in the title, in reference to “handle with care”, it is revealed to us that we will encounter critical issues. As it flows, the article takes on the characteristics of a real anthology, albeit a limited one, which, in my opinion, deserves to be read three times, each time using a different interpretative key.
A first reading, more superficial, will let us discover 17 titles, some of which are iconic, produced over twenty-five years, from 1996 to 2022: a quarter of a century. Thus the transgenerational character of the playful tool emerges, capable of breaking the barrier of an object for the exclusive use and consumption of the younger generations. Videogame environments are prevalent, but there is no shortage of references to board games, through role-playing games and pervasive games, to which the author dedicates a paragraph, unfortunately separate from other forms of cultural enjoyment.
In a second reading, going beyond the grid of imaginaries, we discover the contribution of these objects in different cultural contexts. The playful tool is so powerful, pervasive and consolidated that the author cannot help but make us reflect on the fact that today those who approach the management of cultural heritage can no longer ignore the knowledge of its dynamics and its languages. The analysis is divided into some places dedicated to the fruition of cultural heritage: archives, museums, collections and landscapes. It would have been curious to discover the existence of at least one good case of a playful product applied to the library heritage.
In the Italian panorama, the operators of these sectors through the permanent coordination MAB (Museums, Archives, Libraries), born in 2011 by AIB, ANAI and ICOM Italia, have started a discussion aimed at exploring possible prospects of convergence between professions and institutes in which cultural heritage professionals work. What unites everyone, from reading the article, seems to be the game as an example of a possible area of convergence.
In the third, more in-depth reading, without ever naming it, the author managed to highlight how the use of these tools in the cultural sphere, and in particular in the transmission of history, responds perfectly to the questions and prerogatives of the public history. This discipline, born in the wake of history and present in Italy for about ten years, is concerned not only with the good transmission of the historical discourse, but also with the interaction in the community and with the production, by the user, of a new historical content.
In summary, this analysis suggests three considerations. The first is that the game ceases to be a product intended only for entertainment but which responds perfectly to the desires, languages, references of an ever-increasing complexity of experiences. The second is that the game is increasingly a multidisciplinary object and therefore worthy of attention by scholars of various disciplines. The third is that with the increase in technological possibilities, these tools will be able to have an indelible impact on fields such as dissemination, research and teaching.
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Igor Pizzirusso ci accompagna in un viaggio all’interno di un articolato ma selezionato panorama ludico. La lettura è adatta a tutti e anche coloro che non sono abituali fruitori di questi prodotti troveranno l’analisi incalzante e ricca di spunti di riflessione. L’obiettivo non è promozionale e già nel titolo, in quel “maneggiare con cura”, ci viene svelato che incontreremo delle criticità. Nel suo scorrere l’articolo assume i tratti di una vera e propria antologia, seppur ristretta, che merita, a mio parere, di essere letta tre volte, usando ogni volta una chiave interpretativa differente.
Una prima lettura, più superficiale, ci farà scoprire ben 17 titoli, alcuni dei quali iconici, prodotti nell’arco di venticinque anni, dal 1996 al 2022, un quarto di secolo. Emerge così il carattere transgenerazionale dello strumento ludico, in grado cioè di rompere la barriera di oggetto ad uso e consumo esclusivo delle generazioni più giovani. Prevalenti gli ambienti videoludici, ma non mancano i riferimenti ai giochi da tavolo, passando per i giochi di ruolo e i giochi pervasivi, a cui l’autore dedica un paragrafo, purtroppo separato, dalle altre forme di fruizione culturale.
In una seconda lettura, superando la griglia degli immaginari, scopriamo l’apporto di questi oggetti in differenti ambiti culturali. Lo strumento ludico è così potente, pervasivo e consolidato che l’autore non può fare a meno di farci riflettere sul fatto che oggi chi si approccia alla gestione del patrimonio culturale non può più ignorare la conoscenza delle sue dinamiche e i dei suoi linguaggi. L’analisi è suddivisa in alcuni luoghi deputati alla fruizione del patrimonio culturale: archivi, musei, collezioni e paesaggi. Sarebbe stato curioso scoprire l’esistenza di almeno un buon caso di prodotto ludico applicato al patrimonio bibliotecario.
Nel panorama italiano gli operatori di questi settori, infatti, attraverso il coordinamento permanente MAB (Musei, Archivi, Biblioteche), nato nel 2011 dall’AIB, dall’ANAI e dall’ICOM Italia, hanno avviato un confronto finalizzato all’esplorazione di possibili prospettive di convergenza tra mestieri e istituti in cui operano i professionisti del patrimonio culturale. Minimo comune denominatore, dalla lettura dell’articolo, pare proprio essere il gioco come esempio di un possibile ambito di convergenza.
Nella terza, più approfondita lettura, pur senza mai nominarla ci accorgiamo che l’autore è riuscito a mettere in luce come l’uso di questi strumenti nell’ambito culturale, e in particolare nella trasmissione della storia, risponda perfettamente agli interrogativi e alle prerogative della public history. Questa disciplina, nata nell’alveo della storia e presente in Italia da una decina di anni, si preoccupa non solo della buona trasmissione del discorso storico, ma anche dell’interazione nella collettività e della produzione, da parte del fruitore, di un nuovo contenuto storico.
In sintesi, questa analisi ci suggerisce tre considerazioni. La prima è che il gioco smette di essere un prodotto finalizzato solo al divertimento ma che risponde perfettamente ai desideri, ai linguaggi, ai riferimenti di una complessità sempre maggiore di esperienze. La seconda è che il gioco è sempre più un oggetto multidisciplinare e quindi meritevole di attenzione da parte di studiosi di svariate discipline. La terza è che con l’incremento delle possibilità tecnologiche questi strumenti saranno in grado di incidere indelebilmente in campi quali la divulgazione, la ricerca e la didattica.